Il percorso, la scenografia...la vita

 

La Foce del Fiume Coghinas a Valledoria si presenta in forme e dimensioni sempre diverse a seconda delle stagioni, delle condizioni meteorologiche e della portata d’acqua regolata dalle due dighe a monte. L’esile lingua di sabbia che divide la laguna dal mare si trova perciò ad assumere contorni unici e irripetibili dal fascino tipico degli ambienti naturali regolati ancora dalla forza del vento e dell’acqua. L’ampio specchio d’acqua che si apre a formare la laguna offre alla vista dell’osservatore un compendio delle bellezze presenti in natura, con dune di sabbia che degradano in spiagge chilometriche, un’alternanza di acqua,sabbia,mare e ancora terra con l’Asinara sulla linea d’orizzonte, fitti boschi di acace che ripetono il taglio di monte Ossoni così come il promontorio di Castelsardo né è una riproduzione in miniatura con una similitudine di forme dettate dalla direzione costante di quell’abile modellatore che è il maestrale. Risalendo dalla foce in questo tratto il fiume crea una laguna che si estende per circa un chilometro parallela alla battigia del mare e divisa dallo stesso dal sistema di dune citate prima.Il fondale della laguna è un’alternanza di canali profondi qualche metro e banchi di sabbia che spesso originano isolotti anche di dimensioni notevoli come i due isolotti maggiori, rendendo questa area estremamente ricca di fauna selvatica. Le due sponde una volta superato il primo isolotto presentano una vegetazione praticamente continua fatta sopratutto da canneti che via via vengono sostituiti da splendidi tamerici secolari nell’ultimo tratto di laguna e per lo più nel versante contiguo al sistema dunale.Nella seconda metà dell’estate durante l’escursione che prevede il rientro in laguna per il tramonto, si può assistere ad uno spettacolo unico ed estremamente suggestivo,infatti in questi momenti si ha la fortuna di poter osservare assieme quasi tutte le specie di uccelli che vivono in questo fiume esaltato dalla cornice fatta dei colori tipici del sole che si accende per gli ultimi istanti .

Risalendo si lascia la laguna dopo aver superato il secondo isolotto maggiore, il Fiume che sino ad ora aveva seguito il mare prosegue verso l’interno attraverso un insieme di anse consecutive e tanto differenti tra loro da dare l’impressione di aver cambiato di colpo ambiente ogni qualvolta se ne supera una.
Costeggiando la " Ribba di la rena", un costone di sabbia a strapiombo sull’acqua, si può osservare nella sponda opposta un fitto bosco di tamerici artisticamente segnato nella sua forma che fà da preludio allo scenario che si presenta ai nostri occhi quando ci troviamo ad attraversare un tratto in cui il fiume curvando per circa 270° scolpisce le dune creando un anfiteatro naturale con tanto di attori principali (Aironi Rossi,Cenerini, Nitticore....) e comparse (Martin pescatore, Falco pescatore…) che con i loro spostamenti sembrano accompagnare la nostra attenzione sui punti più belli da osservare.
Superato l’anfiteatro si impone alla nostra attenzione una delle anse più belle dell’intero percorso, infatti sulla riva destra si ha la costa chiusa completamente da fitti tamerici di grosse dimensioni con rami e cespugli affioranti sull’acqua, che oltre a segnalare l’irruenza e la velocità con cui l’acqua passa in questo punto quando il fiume è in piena, fanno da posatoi per i vari uccelli e dunque un ottimo hot-spot per la caccia fotografica.
La riva sinistra è invece aperta da una spiaggetta generata dall’interruzione del sistema dunale creando così alternanza nei rilievi e negli spazi.
Proseguendo si ha l’esatto contrario con la riva destra ora aperta a lasciare libero passaggio al maestrale che si imbatte con tutta la sua forza sulla duna della riva sinistra scolpendo e modellando i vari olivastri e lentischi che a fatica da secoli trattengono e preservano l’aspetto, la forma e la struttura della duna stessa.

Siamo ora in prossimità dell’area paludosa di Zilvara, che si presenta in tutto il suo fascino già dalla prima ansa con una serie di particolari degni di nota, sul versante destro si apre un’ampia distesa che ricorda per i colori, la forma e la disposizione degli alberi un pezzo di savana, con le mandrie di vacche che prendono il posto delle gazzelle.
Due tamerici dal tronco annodato su se stesso segnano l’ingresso in una delle aree più ricche di fauna selvatica dell’intero corso, qua è possibile per molte specie avere abbondanza di cibo tanto da ospitare spesso anche specie che non sono proprio tipiche di queste zone come il Mignattaio o la Spatola. Proseguendo si può notare come in cosi poca distanza possano cambiare gli ambienti, infatti il fiume si fa all’improvviso più regolare con lunghi rettilinei che si raccordano con netti cambi di direzione ed i canneti che di nuovo hanno la meglio sui tamerici. Siamo ora nel bel mezzo della valle del Coghinas, qua il fiume è stato imbrigliato dai due argini laterali impedendo cosi di straripare nei campi e creare l’enorme palude che ha caratterizzato questa pianura per secoli. E’ notevole lo stacco che si ha tra le rive del fiume cosi ricche di vegetazione con una varietà di fiori che sembrano essere li a ricordarci quanto ancora sia forte lo stato selvatico di quest’ambiente e i campi intensamente coltivati a pochi metri che invece segnano profondamente la presenza dell’uomo con tutta la sua influenza sulle cose.
L’epilogo si ha a Badu Boi dove il basso fondale e ‘eccessivo restringimento ci impongono il rientro.In questa affascinante risalita iniziata dalla foce si può prendere coscienza dell’enorme ricchezza che dal punto di vista naturalistico questo fiume offre a chi lo vive, sia esso un airone, un pescatore o un turista, e si deve soprattutto percepire il messaggio che ci manda attraverso il suo modo di presentarsi ai nostri occhi, una richiesta di rispetto necessaria ora più che mai per aiutarlo a non morire.

di Giosuè Serreli


follow us